Ricorso  della  regione  siciliana,  in persona del presidente pro-
 tempore, rappresentato e difeso dagli  avv.ti  Francesco  Castaldi  e
 Salvatore  Pensabene  Lionti,  sia congiuntamente che disgiuntamente,
 giusta  procura  a  margine  dell'originale  del  presente  atto  per
 conflitto  di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio
 dei Ministri in occasione della decisione del 12 marzo 1992,  n.  58,
 resa  dal  consiglio  di  giustizia  amministrativa  per  la  regione
 siciliana laddove - in tema di elezione  dei  deputati  all'assemblea
 regionale  siciliana - si e' ritenuto che "il ricorso giurisdizionale
 avverso le operazioni delle  elezioni  regionali  sia  immediatamente
 proponibile  avverso  la proclamazione degli eletti" anziche' avverso
 la  delibera  di  convalida   effettuata   dall'assemblea   regionale
 siciliana.
    1.  -  L'art.  3 dello statuto della regione siciliana attribuisce
 all'assemblea regionale legislazione esclusiva in  tema  di  elezioni
 regionali  "in  base ai principi fissati dalla Costituente in materia
 di elezioni politiche". Ed in attuazione  della  ricordata  norma  di
 rango costituzionale, gia' con il d.-l. 25 marzo 1947, n. 204, veniva
 attribuita   all'assemblea   regionale  siciliana  la  convalida  dei
 deputati  eletti.  Quindi  con  l'organica  normativa  di  attuazione
 (Regolamento  interno,  ex  artt.  40,  61 e legge regionale 20 marzo
 1951, n. 29) si e' previsto che "L'ufficio centrale  circoscrizionale
 pronuncia  provvisoriamente  sopra  qualunque incidente relativo alle
 operazioni ad esso  affidate,  salvo  il  giudizio  definitivo  degli
 organi   di   verifica  dei  poteri"  (art.  56  della  citata  legge
 regionale), mentre all'art. 61 della medesima legge  si  e'  disposto
 che:   "All'assemblea  regionale  e'  riservata  la  convalida  della
 elezione dei propri componenti. Essa  pronunzia  giudizio  definitivo
 sulle  contestazioni, le proteste, e, in generale, su tutti i reclami
 presentati agli uffici dalle singole sezioni elettorali o all'ufficio
 centrale   circoscrizionale   durante    la    loro    attivita'    o
 posteriormente".
    2.  -  Ora  e'  avvenuto  che in occasione dell'impugnazione della
 sentenza parziale ed interlocutoria del T.A.R. Sicilia, prima sezione
 staccata  di  Catania,  n.  845/1991,  il  consiglio   di   giustizia
 amministrativa  per  la regione siciliana, con la succitata decisione
 n.  58/1992,  nel  respingere  l'appello   proposto   dal   candidato
 Canzoniere    Salvatore,   ha   ritenuto   ammissibile   il   ricorso
 giurisdizionale proposto in prime cure dal candidato  D'Urso  Carmelo
 (secondo  dei  non  eletti  della  lista n. 1 della circoscrizione di
 Catania)  direttamente   avverso   la   graduatoria   dei   candidati
 determinata  dall'ufficio  centrale circoscrizionale di Catania nelle
 ultime elezioni per il rinnovo dell'A.R.S.,  svoltesi  il  10  giugno
 1991.
    Sostanzialmente   il  consiglio  di  giustizia  amministrativa  ha
 ammesso in  sede  giurisdizionale  la  diretta  impugnabilita'  delle
 operazioni   elettorali   avverso   la   proclamazione  degli  eletti
 affermando che:
      1) secondo il piu'  recente  orientamento  giurisprudenziale  e'
 consentito  l'immediata  impugnabilita'  degli atti lesivi pur aventi
 natura  infraprocedimentale,  cio'  anche  in  aderenza  alla  tutela
 giurisdizionale di cui agli artt. 24 e 113 della Costituzione;
      2) l'assenza della previsione di un termine certo entro il quale
 dovrebbe intervenire il definitivo giudizio di convalida ( ex art. 61
 della  legge  regionale  n.  29 del 1951, ed ex artt. 40, 41 e 61 del
 regolamento interno dell'A.R.S.) vulnererebbe il diritto  di  accesso
 alle cariche politiche, ex art. 51 della Costituzione;
      3)  riconosciuta  dall'art.  20  della legge n. 1034 del 1971 la
 facoltativita' dei ricorsi amministrativi,  sarebbe  venuto  meno  il
 principio  dell'esperibilita'  del rimedio giurisdizionale unicamente
 avverso gli atti definitivi;
      4) risulterebbe violato  il  principio  di  uguaglianza  di  cui
 all'art.  3  della  Costituzione,  dato  che per le regioni a statuto
 ordinario il giudizio di convalida  e'  riservato  solamente  per  le
 cause  di  ineleggibilita' e di incompatibilita' (art. 17 della legge
 n. 108 del 1968), laddove per la Sicilia la delibera di convalida  da
 parte  dell'A.R.S. si estende anche alla regolarita' delle operazioni
 elettorali (artt. 56 e 61 della legge regionale n. 29 del 1951).
    Le superiori statuizioni, contenute nella pronuncia che ne occupa,
 rappresentano una menomazione delle  attribuzioni  costituzionalmente
 garantite  e risultano, pertanto, invasive delle competenze regionali
 per le seguenti considerazioni.
    3. - Nel caso di specie, l'affermazione del consiglio di giustizia
 amministrativa circa la diretta  impugnabilita'  della  proclamazione
 degli  eletti  non  si  risolve  in  un  errore di diritto, avendo il
 medesimo giudice collegato  detta  immediata  impugnabilita'  con  la
 facolta'   di  adire,  alternativamente,  il  giudice  o  l'assemblea
 regionale; sicche' la decisione si  risolve  in  una  sottrazione  di
 competenza  attribuita alla regione in subiecta materia (art. 3 dello
 statuto siciliano ed artt. 116 e 5 della Costituzione) e, quindi,  in
 una  "invasione  della  sua sfera di autonomia perpetrata dal giudice
 con assoluta esorbitanza dalla giurisdizione"  (Corte  costituzionale
 sentenza n. 175 del 1991).
    Infatti  con l'impugnata decisione e' stata eliminata la parte fi-
 nale dell'iter procedimentale - cioe' "la  convalida  delle  elezioni
 dei propri componenti" ("riservata all'assemblea regionale siciliana"
 art.  61  della  ripetuta  legge  regionale n. 29 del 1951) che - per
 dirla con le parole di codesta  ecc.ma  Corte  costituisce  "la  fase
 conclusiva  del  complesso procedimento elettorale" (sent. n. 115 del
 1972).
    La normativa che assicura alla regione siciliana (per di  piu'  ad
 autonomia differenziata) il potere di convalida costituisce - come e'
 noto  - un'applicazione del piu' generale principio giuspubblicistico
 secondo cui tutti gli organi  elettivi  hanno  il  diritto-dovere  di
 pronunciarsi  sulla propria legittima composizione. Sicche' una volta
 che sia pevista per legge la convalida - dunque,  la  prerogativa  di
 autocontrollare la propria composizione - non puo' negarsi all'organo
 elettivo di esercitare il relativo potere.
    In buona sostanza, cio' che e' stato anche definito come esercizio
 di potesta' autoorganizzatoria del collegio - la convalida, appunto -
 rappresenta   quella   necessitata   attivita'   di  verifica  svolta
 dall'organo politico, coessenziale all'estrinsecazione  medesima  dei
 principi   autonomistici,   garantiti  dagli  artt.  116  e  5  della
 Costituzione. Tant'e' che - ove prevista - la delibera  di  convalida
 e'  stata  ritenuta  un  "presupposto processuale dell'azione, il cui
 difetto rende il ricorso  improponibile,  senza  che  possa  rilevare
 l'eventuale sopravvenienza di tale delibera; trattandosi di requisito
 che deve sussistere al momento della proposizione dell'azione" (Cass.
 16 luglio 1986, sezione prima).
    Orbene,  se cio' vale in generale per tutti quei collegi dotati di
 quella particolare autonomia che deriva loro dal voto popolare  (  ex
 arg.  Corte  cost.  sentenza  n.  92  del  1962)  per quanto concerne
 segnatamente le elezioni regionali siciliane,  codesta  ecc.ma  Corte
 con  la  sentenza  n.  115  del 20-27 giugno 1972, nell'affermare che
 nella materia di specie va assicurata  una  necessaria  coerenza  fra
 statuto siciliano e Costituzione, ha fissato i seguenti principi:
      a) che la convalida (come gia' si e' detto) e' l'atto conclusivo
 di un unico complesso procedimento elettorale;
      b)  che  la  convalida  si  annovera fra gli atti definitivi nel
 senso che questi concludono, appunto, quel procedimento;
      c) che va sempre data un'interpretazione delle norme  statutarie
 che ne assicuri la compatibilita' con la Costituzione.
    Ed alla stregua dei sopradetti insegnamenti, il richiamo dell'art.
 3  dello statuto "ai principi fissati dalla Costituente in materia di
 elezioni  politiche",  e'  stato  armonizzato  secondo   criteri   di
 ragionevolezza  da  codesta  sovrana  Corte,  la  quale ha dichiarato
 l'indeclinabile presuppositivita'  della  delibera  di  convalida  e,
 quindi,   del  giudizio  definitivo  sui  reclami  elettorali,  quale
 intangibile  prerogativa  dell'organo  politico  in  apicibus   della
 regione  siciliana,  cioe'  l'assemblea regionale; fermo restando che
 quest'ultima non essendo un organo "supremo"  (quali,  per  converso,
 sono   le   Camere)  e'  privo  di  autodichia,  sicche'  avverso  le
 determinazioni finali dell'A.R.S.  e'  sempre  assicurata  la  tutela
 giurisdizionale.
    4.  -  Ebbene,  l'unico modo di assicurare "la necessaria coerenza
 fra statuto siciliano e Costituzione"  consiste  nell'individuare  la
 delibera  di  convalida  come quell'atto "definitivo", in quanto atto
 terminale del complesso procedimento, ed, in quanto tale, unico  atto
 impugnabile.
   L'avere,  dunque, disapplicato (da parte del consiglio di giustizia
 amministrativa) la legge  regionale  ed  il  regolamento  assembleare
 attuativi  dello  statuto ( ex arg., Corte costituzionale sentenza n.
 285/1990) eliminando la fase conclusiva del procedimento, e,  quindi,
 facendo  leva  sulla  circostanza  che  pur  gli  atti non definitivi
 risultano   impugnabili,   rappresenta   oggettivamente   un   palese
 travisamento   della   sequenza  procedimentale  cosi'  come  risulta
 prefigurato dalla legge e, quindi, un esautoramento delle prerogative
 regionali.  Infatti,  la  convalida  si   caratterizza   quale   atto
 necessario  che  deve  sempre  intervenire  nella  fase terminale del
 procedimento (cosi' come la convocazione  dei  comizi  elettorali  ne
 rappresenta, correlativamente, la fase iniziale).
    Ne  discende,  dunque, per la questione in esame, l'ingiustificata
 assimilazione - operata dal giudice amministrativo  -  alla  tematica
 della  immediata  ricorribilita'  degli atti non definitivi, dato che
 per questi ultimi -  come  e'  noto  -  non  necessariamente  debbono
 intervenire  i successivi atti definitivi. In buona sostanza l'ottica
 - per cosi' dire - di tipo impugnatorio  ha  "spinto"  il  giudice  a
 disapplicare  la  normativa  regionale,  di tal che' (alla fine della
 decisione)  conclude,  affermando  che  l'interessato  potra'   adire
 facoltativamente  o  la  via giurisdizionale o quella amministrativa,
 "ferma restando la naturale prevalenza del momento (e della decisione
 giurisdizionale sul momento (e la decisione) amministrativa".
    In   tal   modo   il  consiglio  di  giustizia  amministrativa  ha
 sostanzialmente  configurato   la   convalida   delle   elezioni   (e
 correlativamente il giudizio definitivo sui reclami elettorali) quasi
 come  una  sorta  di ricorso gerarchico improprio, alla stregua di un
 atto che conclude  un  procedimento  di  secondo  grado  e  non,  per
 converso, come l'ineludibile atto dell'unico procedimento elettorale,
 che  riguarda,  comunque,  tutti  i  deputati proclamati dagli uffici
 centrali circoscrizionali.
    Del resto, dallo straripamento posto in essere  con  la  pronuncia
 impugnata,  conseguirebbe  un  sindacato  da  parte del giudice in un
 procedimento non  ancora  concluso,  non  dando  cosi'  all'assemblea
 regionale  la  possibilita'  di  adottare  preliminarmente le proprie
 determinazioni. L'atto terminale obbligatorio e necessario per  legge
 finirebbe,  dunque,  con l'essere svuotato di significato, risultando
 in definitiva una mera presa d'atto delle antecedenti statuizioni del
 giudice|
    Non puo',  allora,  disconoscersi  il  travolgimento  operato  con
 l'impugnata  decisione dei principi affermati da codesta ecc.ma Corte
 con la  piu'  volte  ripetuta  sentenza  n.  115/1972  (ulteriormente
 ribaditi  con  la  sentenza n. 167/1985) e la contestuale sottrazione
 delle attribuzioni spettanti all'organo politico ( ex arg. cfr. Corte
 costituzionale nn. 175 e 99 del 1991.
    Cio' in violazione, altresi', degli artt. 113, 101, 102, 104,  116
 e 118 della Costituzione.
    4.1.  - Quanto poi alla circostanza evidenziata dalla decisione in
 argomento sulla asserita mancanza nella  normativa  regionale  di  un
 termine  certo  e  perentorio  entro il quale deve essere concluso il
 procedimento amministrativo  di  verifica  dei  poteri  va  precisato
 quanto segue.
    A  parte  il  fatto  che  per il caso che ne occupa la commissione
 definitiva per la verifica dei poteri si e' tempestivamente insediata
 al 1› agosto 1991 (cioe'  a  meno  di  un  mese  della  prima  seduta
 d'assemblea  dell'undicesima legislatura, svolta il 16 luglio 1991|),
 e' indiscutibile che l'art. 61 del regolamento interno dell'assemblea
 prevede il termine di un anno per  la  definizione  delle  operazioni
 attinenti alla convalida. Peraltro, in caso di inerzia, l'interessato
 potrebbe  sempre  attivare  la procedura del silenzio-rifiuto secondo
 l'inequivoco orientamento di codesta sovrana Corte, che  in  un  caso
 analogo,  ha  cosi'  statuito:  "Si  puo'  aggiungere che, se mai, il
 ricorso  avrebbe  dovuto   dirigersi   contro   il   silenzio-rifiuto
 dell'assemblea,  accertato  nei  modi  di legge" (sentenza n. 167 del
 1985).
    Peraltro, e' appena  il  caso  di  rilevare  che  nella  normativa
 elettorale  delle  altre  regioni  a statuto speciale non si rinviene
 alcun  termine  perentorio  per  l'adozione  del  terminale  atto  di
 convalida.
    Nella  regione  Trentino-Alto  Adige, la legge regionale 20 agosto
 1952, n. 24, attribuisce il potere di convalida  delle  elezioni  dei
 propri  componenti al consiglio regionale, che e' competente anche in
 materia di operazioni elettorali; l'art. 64 della  citata  legge  non
 prevede  alcun  termine finale per la definizione del procedimento di
 convalida, limitandosi a prescrivere soltanto un termine iniziale per
 l'espletamento della procedura in discorso.
    Anche la regione Sardegna (in attuazione dell'art. 16 del relativo
 statuto)  la legge regionale 23 marzo 1961, n. 4, contiene previsioni
 identiche alle corrispondenti norme della regione siciliana.
    Parimenti,  nessun  termine  -  eccettuato  quello  dilatorio   di
 quindici  giorni dalla proclamazione - e' previsto per l'espletamento
 del procedimento di  convalida  nella  legge  regionale  del  Friuli-
 Venezia Giulia n. 20 del 27 marzo 1968.
    5.  -  Infine,  circa  l'asserita  prospettazione della violazione
 dell'art.  3  della  Costituzione  per  il  fatto  che  all'assemblea
 regionale   siciliana  (cosi'  come  alle  altre  regioni  a  statuto
 speciale) e' riservata anche la  convalida  sulla  regolarita'  delle
 operazioni   elettorali,   laddove  nelle  altre  regioni  a  statuto
 ordinario  concerne  soltanto  le  cause  di  ineleggibilita'  e   di
 incompatibilita' si osserva:
      a) la posizione differenziata prevista dalla Costituzione per le
 regioni  a statuto speciale rende queste ultime non omogenee a quelle
 a statuto ordinario, cosicche' (per usare gli  stessi  termini  della
 sovrana  Corte)  "non  puo'  pertanto  essere  sufficiente ragione di
 illegittimita' costituzionale  la  circostanza  che  le  disposizioni
 della  legge  statale  che  disciplinano  le  elezioni  dei  consigli
 regionali a statuto  ordinario  siano  diformi  dalle  corrispondenti
 norme  dettate dalle singole leggi che regolano la stessa materia per
 le regioni a statuto speciale" (sentenza n. 134 del 1975);
      b) se l'esistenza della delibera di convalida  nelle  regioni  a
 statuto  ordinario  in  tema  di  eleggibilita'  viene considerata un
 indeclinabile  presupposto  processuale  dell'azione  per  adire   il
 giudice  ordinario  -  malgrado  si  tratti  di  far  valere  diritti
 soggettivi - allora non puo' certamente ritenersi  ingiustificata  la
 prerogativa  attribuita  all'assemblea regionale siciliana (con norme
 di rango costituzionale) di essere titolare,  nella  fase  conclusiva
 del  procedimento,  del  potere  di convalida anche per le operazioni
 elettorali  (che  riguardano  ben  vero,   posizioni   di   interesse
 legittimo)     considerata,     peraltro,     l'intangibile    tutela
 giurisdizionale,  comunque  successivamente  assicurata   avanti   il
 giudice amministrativo.